La pace sia con te
Senza fiato…
In una città moderna, fatta di edifici di vetro e acciaio, Sara si trovava immersa nella frenesia quotidiana. Ogni giorno, il mondo sembrava andare più veloce, e lei, con il suo ritmo frenetico, cercava di stare al passo, lasciando indietro tutto ciò che contava davvero. Il lavoro, gli impegni, i traguardi da raggiungere: ogni cosa aveva un peso che le piegava le spalle, e la pace, quella che un tempo conosceva, era ormai un miraggio.Una sera, mentre camminava tra le luci fredde della città, qualcosa in lei si spezzò. Il rumore del traffico, le voci della gente, il ticchettio incessante del suo telefono: tutto le sembrava troppo. Si fermò, con il cuore in gola, e guardò il cielo, cercando una via d’uscita. Ma lì, tra le stelle offuscate dalle luci della città, non trovò risposte. Si sedette su una panchina, il respiro pesante, come se tutto il peso del mondo fosse sceso su di lei in un istante.”Perché deve essere così difficile?” pensò. Ma quella domanda, che si era fatta centinaia di volte, non trovava mai una risposta. Fu allora che un anziano si sedette accanto a lei, con uno sguardo sereno, quasi estraneo al caos che li circondava. “La pace sia con te,” disse con un sorriso caldo, ma senza enfasi. Le sue parole erano semplici, quasi banali, eppure colpirono Sara come un fulmine. Pace. Quella parola che sembrava così lontana, così irraggiungibile.Sara lo guardò, confusa. “La pace?” chiese. “Dove la trovi in tutto questo?”L’uomo non rispose subito. Alzò lo sguardo verso il cielo e poi si rivolse di nuovo a lei. “La pace non la trovi fuori, tra le persone, nel lavoro, o nella corsa. La pace è dentro. È smettere di combattere con te stessa.” Quelle parole le risuonarono dentro come un eco. Sara non aveva mai pensato che il vero conflitto non fosse con il mondo esterno, ma con se stessa. Tutti quei giorni trascorsi a rincorrere obiettivi, a cercare di essere perfetta, di dimostrare qualcosa a qualcuno, le avevano fatto dimenticare chi era e cosa voleva davvero. Aveva combattuto una battaglia continua contro le aspettative, contro i suoi stessi dubbi e insicurezze.Per un momento, chiuse gli occhi e respirò profondamente, sentendo il peso sollevarsi, anche solo per un attimo. Forse, pensò, la pace non era qualcosa che doveva conquistare. Forse era qualcosa che doveva semplicemente accettare.”Ma come si fa?” chiese con un filo di voce. “Come si smette di combattere?”L’uomo sorrise, come se conoscesse quella domanda da tutta la vita. “Si inizia perdonando. Te stessa, prima di tutto. Non per quello che non hai fatto, ma per quello che hai fatto cercando di essere tutto ciò che non sei.”Sara lo guardò, sentendo per la prima volta in mesi una scintilla di chiarezza. Non c’era un manuale, nessun percorso prestabilito. La pace non era una meta lontana, ma un ritorno a ciò che era sempre stato lì. Era smettere di correre. Era smettere di cercare fuori ciò che era sempre stato dentro.Si alzò dalla panchina, guardando ancora il cielo, ma questa volta con un nuovo senso di tranquillità. Non era cambiato niente intorno a lei: le strade erano ancora rumorose, il mondo ancora caotico. Ma dentro di sé, qualcosa si era mosso. Il conflitto che aveva alimentato per tanto tempo si era allentato, e in quel vuoto, per la prima volta, sentiva una lieve ma decisa sensazione di pace.”Grazie,” disse all’uomo, che le fece un cenno col capo prima di allontanarsi.Sara tornò a casa quella sera, ma la città sembrava meno opprimente, come se avesse trovato un modo per isolarsi dal suo ritmo incessante. Le strade che prima le apparivano ostili, erano ora semplicemente parte del paesaggio, parte di un mondo che non aveva più il potere di risucchiarla. Mentre apriva la porta del suo appartamento, si fermò un istante sulla soglia, osservando lo spazio in cui viveva: un luogo funzionale, ordinato, ma privo di quella scintilla che rende una casa viva. C’erano pile di documenti sulla scrivania, scatole mai aperte, e pareti spoglie, come se anche lì la vita avesse preso una pausa.Si lasciò cadere sul divano, ma questa volta non prese il telefono per scrollare distrattamente sui social, né accese la televisione. Restò lì, in silenzio, ascoltando il suo respiro, i suoni lontani della città. Una piccola fiamma di consapevolezza si accese dentro di lei: non aveva bisogno di riempire quel silenzio. Forse, in quel vuoto, c’era spazio per qualcos’altro.I giorni seguenti furono diversi. Non era una trasformazione improvvisa e definitiva, ma un processo lento, quasi impercettibile. Sara iniziò a svegliarsi senza l’ansia di dover fare tutto e subito. Sorseggiava il caffè guardando fuori dalla finestra, non più immersa nelle mail o nei pensieri su cosa avrebbe dovuto fare dopo. Iniziò a mettere ordine non solo nel suo appartamento, ma dentro di sé.Un pomeriggio, si ritrovò davanti allo specchio, a osservare il proprio riflesso come se lo vedesse per la prima volta. Si accorse delle piccole rughe attorno agli occhi, segni di risate passate, ma anche delle notti insonni. Si rese conto che per anni aveva cercato di essere tutto ciò che gli altri si aspettavano, trascurando chi era veramente. Era cresciuta credendo che la felicità dipendesse dal raggiungere certi traguardi, dallo scalare una montagna invisibile fatta di successi e approvazioni esterne.Ma ora, per la prima volta, capiva che quella montagna non era reale. O meglio, non era la sua. Il sentiero che stava seguendo non l’aveva mai portata verso la serenità, ma sempre più lontano da se stessa. E forse, pensò, era giunto il momento di abbandonare quella scalata.Così cominciò a fare piccoli cambiamenti. Non erano gesti grandiosi, ma dettagli che facevano la differenza. Spostò i mobili del soggiorno, appendendo finalmente le foto di quel viaggio che aveva sempre voluto incorniciare. Riprese a scrivere, una vecchia passione che aveva abbandonato negli anni. Le parole uscivano fluide, come un fiume rimasto troppo a lungo arginato. Scriveva per sé, non per essere letta o approvata. In quelle pagine, c’era la sua voce autentica, libera dalle aspettative.Una sera, mentre si stava preparando per andare a dormire, il pensiero della pace tornò a visitarla. Ma questa volta non come un concetto lontano o una sensazione fugace. La pace era diventata un’alleata, una presenza discreta ma costante. Aveva imparato a non cercarla affannosamente, ma a lasciarla emergere nei momenti di calma, in quelle piccole pause che la vita le concedeva.Non era immune alle difficoltà, alle sfide che la quotidianità le metteva davanti. C’erano ancora giorni in cui sentiva il peso delle responsabilità, in cui la stanchezza si faceva sentire. Ma in quei momenti, si fermava. Respirava. E si ricordava che la pace non era una meta da raggiungere una volta per tutte, ma una scelta che poteva fare ogni singolo giorno.Una sera di pioggia, mentre tornava a casa, vide un gruppo di ragazzi correre sotto il temporale, ridendo e urlando. La loro spensieratezza le ricordò i tempi in cui anche lei sapeva abbandonarsi alla gioia del momento, senza preoccuparsi di ciò che sarebbe venuto dopo. Senza l’ansia di avere tutto sotto controllo.Si fermò sotto una tettoia, osservando la pioggia che cadeva. E senza pensarci troppo, uscì dalla sua protezione e camminò sotto la pioggia battente. Sentì le gocce fresche scivolarle sul viso, bagnarle i capelli, i vestiti. E sorrise. Era un gesto semplice, quasi infantile, ma in quel momento capì che stava imparando a vivere di nuovo. Non più come una corsa costante verso qualcosa di irraggiungibile, ma come un susseguirsi di attimi da assaporare, da accogliere per quello che erano.La pace non era solo con lei. La pace era dentro di lei.Sara ora non era più la stessa persona che cercava disperatamente risposte fuori di sé. Era qualcuno che, ogni giorno, trovava un po’ di più la sua strada, fatta di semplicità, di consapevolezza, di momenti preziosi. In mezzo al caos, aveva trovato la sua isola. Non perfetta, ma autentica. E quella, si rese conto, era la più grande conquista di tutte.
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